DIMASI Antonio
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...origini San Nicola di Caulonia!
Il
Caracolo
Il
Caracolo
Il
lento scorrere del tempo non è riuscito a coprire
di oblio le tradizioni popolari che a Caulonia,
ancora oggi, riescono, nonostante
tutto, a comunicare nei cuori il profondo significato
di una vita semplice e sentitamente
religiosa che gli antenati hanno saputo tramandare.
Dopo
una settimana di intensa preghiera, il sabato santo,
per le vie cittadine si snoda una singolarissima
processione, detta Caracolo, che per la serietà
con la quale viene celebrata, richiama
ogni anno fiumane di fedeli.
Questa
manifestazione sacra, il cui nome deriva dall'arabo
"Karhara" e significa "girare",
affonda le radici nel periodo
in cui l'Italia era soggetta alla dominazione spagnola.
il sabato santo, mentre
una cupa atmosfera domina la cittadina, le due arciconfraternite,
quella dell'Immacolata e
quella del Rosario, si incontrano in un punto, detto
"Buveri", dal quale unitamente
si dipartono per percorrere le principali vie di
Caulonia, accompagnate da una folla mesta
ed orante, a lume di fiaccole al vento.
Questa
processione, secondo l'ancestrale significato, consiste
in una attenta meditazione sulla Passione
di Gesù Cristo e le statue che solennemente vengono
portate in "giro" per il paese raffigurano
gli ultimi momenti della vita terrena del figlio
di Dio: il Cristo all'orto, il Cristo alla colonna,
l'Ecce Homo, il Cristo carico della croce, il Crocifisso,
il Cristo deposto dalla croce, la Vergine
Addolorata e San Giovanni.
Dopo
una lunga peregrinazione, l'interminabile corteo
sbuca nella piazza principale del paese su
cui si affaccia la sua meta, la chiesa Matrice,
centro del culto locale. L'attraversamento della
piazza Mese richiede più di una ora e dà luogo ad
un particolarissimo andirivieni, apparentemente
asimmetrico ma in realtà rigorosamente scandito
e programmato, al quale prendono
parte, preceduti dalla banda, statue, fedeli, confratelli,
aste e pennoni.
Dopo
l'ingresso nel tempio, il corteo si ricompone nella
piazza, riattraversa una parte del paese ed,
arrivato al "Buveri" in via Vincenzo Niutta,
si divide riformando i due gruppi che all'inizio
l'avevano composto, ognuno
dei quali fa ritorno alla rispettiva confraternita.
Ciò
a Caulonia, da secoli, il sabato santo.
...dal
sito http://www.caulonia2000.it/pagine/guidatur/caracolo.htm
... le
placide e cobaltine onde del mar Jonio.
la spiaggia
Storia
di Caulonia di Antonio Nicaso
Castelvetere
Stampa del Pacichelli XVII sec.
|
Incastonata
sopra un masso rupestre, "a foggia di un triangolo
scaleno", in una amena ed aulente plaga di zagare,
ginestre e gelsomini, baciata da un rutilante sole mediterraneo,
specchiantesi in un mare aprico e cobaltino, Caulonia,
dall'alto dei suoi trecento metri, ammalia per i suoi
costumi e per le sue remote tradizioni lI visitatore,
rapito dalla scoperta di una "Calabria" sospesa
tra la fantasia e l'esultanza, tra natura e storia,
dove tutto si fonde per dar vita a sorprendenti sensazioni.
Questa nobile cittadina, le cui origini sono avvolte
nei veli della Magna Grecia, deve la sua nascita al
desiderio di libertà che fece vincere, ad una colonia
di baliosi giovani achei, guidata dall'oichista Trifone
di Egina, le correnti dello Jonio a forza di remi. Le
direttrici, su cui gradatamente sorse, si ingrandì e
si espanse Caulonia, furono tracciate intorno al 722
a.C. Costruita, sotto l'egida dei Crotoniati, sulla
sponda sinistra del Sagra, tra ridenti boschi ed ubertosi
colli, nei pressi del monte Caulone, divenne ben presto
una repubblica autonoma ed indipendente, capace di coniare
monete e dettare le sue mosse. Per Caulonia, le porte
del tempio di "Giano" si aprirono, dopo tre
secoli di "pace" e segnatamente nel 389 a.C.,
anno in cui venne assediata, espugnata e distrutta dalla
esecranda bramosia di conquista del tiranno aratuseo,
Dionisio il Vecchio, con la tacita connivenza della
Repubblica di Locri. Alla morte del tiranno, avvenuta
nel 367 a. C., dopo essere stato sconfitto dai Cartaginesi
ad Erice, sul trono di Siracusa salì il figlio, Dionisio
lI Giovane che, come primo provvedimento, commise ai
Locresi l'incarico di ricostruire e di ripopolare Caulonia.
Passata, successivamente, ai Bruzi, sottomessa
dalle irrompenti forze delle aquile romane, si diede
a Pirro, re dell'Epiro. Per aver parteggiato per lI
leggendario Annibale, durante le guerre puniche, venne
rasa al suolo dall'esercito del "Temporeggiatore",
Fabio Massimo, nel 200 a.C., in esecuzione di un inappellabile
verdetto emanato dal Senatus Populusque Romanus.
lI "Cunctator" riuscì a seppellire
sotto la polvere la gloriosa repubblica ma non riuscì
a sopprimere i Cauloniati, che trasferirono i loro "Penati"
in un luogo ben fortificato non lontano dalle "vestigia
della città superba". Per volere dei vincitori,
al greco Caulonia si sostituì il latino Castelvetere
e, di conseguenza, i superstiti dell'eccidio
romano dovettero tagliare i ponti con le loro tradizioni
magnogreche. Gli antichi abitanti della "Cauloniatide"
però trovarono conforto e speranza nel messaggio evangelico
del Redentore e sui loro capi, come recita Padre Fiore,
versò le acque battesimali il principe degli apostoli,
San Pietro. Col passare del tempo, pur
tra i torbidi eventi di quell'epoca, Castelvetere ritornò
a splendere nel firmamento della Calabria citeriore.
Intorno al Mille, la civitas, "circuita
da forti muraglie e munita di grossi baluardi",
risulta, dagli Annali dell'archivio Partenopeo, infeudata
a Malgeri d'Altavilla, uno dei discendenti di quel Tancredi
che partecipò alla prima crociata e del quale, Torquato
Tasso nella sua "Gerusalemme liberata", celebrò
le gesta di cavaliere cristiano, generoso e pensatore.
Da Malgeri d'Altavilla, l'investitura passò
sul capo di Roberto Filangeri, del cavaliere Matteo
de Ara, di Anselmo de Caprosio, di Roberto de Vetro,
del marchese Muscarello, di Bardessino Galeoffo e di
Antonio Centeìles. Nel 1479 il feudo di Castelvetere
fu sottratto ad Antonio Centelles, reo di aver tradito
la fiducia reale, e "regalato" dallo stesso
re, Ferdinando d'Aragona, a lacopo Carafa, figlio di
Onofrio. Nel 1497, Castelvetere ebbe
l'onore di ospitare il Papa, Paolo IV, appartenente
alla famiglia Carafa; nel 1525 accolse il vincitore
della disfida di Barletta, Ettore Fieramosca, quale
visitatore del fratello Cesare, a cui nel 1520 Carlo
V aveva donato le ferriere e le miniere di piombo di
Campoli, Stilo e Fabrizia; nel 1535 ospitò lo stesso
imperatore Carlo V d'Asburgo, re di Spagna ed imperatore
di Germania, che di ritorno dalla formidabile spedizione
in Africa contro il pirata turco, Khair-Ad-din, detto
Barbarossa, fermò le sue "galere" per far
visita al suo amico Giovambattista Carafa; nel 1571
prese parte con la "galera del corsale" alla
battaglia di Lepanto al fianco degli Spagnoli, dei Veneziani,
dei Pontefici, dei Savoia e dei cavalieri di Malta contro
i Turchi che si erano impadroniti di Cipro mentre nell'ottobre
del 1594 riuscì coraggiosamente a rintuzzare le offensive
del "Flagello delle Calabrie", Sinam Cigalà.
Nel 1738 Castelvetere, in seguito alla guerra di successione
polacca, dai Carafa passò ai Borboni, sotto il cui dominio
rimase fino alle gesta garibaldine. Il 30 giugno del
1862, in seguito all'unificazione territoriale
dell'Italia, con decreto N. 123830 del Ministero
dell'interno, cambiò il suo nome, riprendendo quello
glorioso dell'antica Caulonia. Durante lI Fascismo,
ebbe l'onore di fregiarsi, dopo Milano, del secondo
gagliardetto d'Italia mentre, in campo sportivo, con
la sua squadra, ottenne il secondo posto al campeggio
"Dux" di Roma. Nel marzo del 1945 visse le
sue cinque giornate che sfociarono, ad opera dell'insegnante
elementare Pasquale Cavallaro, nella proclamazione della
"Repubblica di Caulonia", che per una serie
di circostanze sfavorevoli si disperse nell'immediatezza.
Oggi, dei 96 comuni della provincia di Reggio
Calabria, Caulonia è lI terzo per estensione territoriale,
l'undicesimo per numero di abitanti e conta, tra piccole
e grandi, una ventina di frazioni. |